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orfaniTu non immagini il dolore che si prova nel perdere le persone che ami, i tuoi genitori, vederli morire lentamente con dolore e fatica. Tu sei lì che cerchi di combattere, di fare qualcosa, per migliorare quello status e rendere le cose più facili. E non lo fai per un mese, per un giorno, lo fai per un anno, per due… anche per quattro. All’inizio non lo capisci, perché non sei solo… magari c’è qualcun altro che lo fa per te, che tenta di nasconderti quel dolore che invece c’è, è reale. Non è reale per te, perché c’è qualcuno che ti ama e che non vorrebbe mai fartelo vedere. Non lo augurerebbe mai per te. E cosi tu sei lì, ci sei proprio nel centro, ma non lo percepisci… possiedi come uno scudo, ma la cosa brutta è che non è uno scudo di acciaio, è qualcuno che senza dirti nulla si è posto tra te e il dolore e se lo prende tutto per sé. Soffre, si strugge, muore e tu non te ne accorgi perché a te non ne è arrivato nemmeno un po’. Un po’ come se piovesse e tu avessi un tetto sopra di te… quel tetto se ne sta lì, in silenzio e infreddolito… una lastra di pietra cementificata che non si fa domande, se ne sta lì a ripararti dalla pioggia. Se chiudessi gli occhi e fossi sordo giureresti che non stia piovendo. Te ne stai lì al sicuro, invece la pioggia c’è, quel tettuccio lo sa bene. Si prende tutta l’acqua. In silenzio, infreddolito. E’ cosi che fa chi ti ama, i tuo genitori, si prendono l’acqua al posto tuo, in silenzio, infreddoliti. Lo fanno senza porsi interrogativi, sembra quasi non ci sia un perché… Il tettuccio mica ce l’aveva un perché… in fondo a lui ce l’hanno messo lì, mica l’ha scelto lui. Invece i tuoi genitori hanno fatto la loro scelta, loro ti hanno voluto, sei frutto di un amore che non hai nemmeno idea, non ce l’hai fino al giorno che non avrai un figlio anche tu, finchè quel giorno avrai fatto la tua scelta. E sarà allora che comprenderai il senso di porsi sopra di lui, sopra tuo figlio, in silenzio, infreddolito, a prender la pioggia al posto suo. Poi arriva un giorno, che quel tettuccio a forza di prender pioggia crolla, ma non tutto di un botto. Sarebbe troppo facile così. Lui no, crolla poco a poco. Pezzo per pezzo. Prima un pezzo di intonaco, poi un pezzo di pietra, poi un angoletto smussato, poi una piastrella, infine si crea una piccola crepa, quella che lo rende insicuro… Fragile, in silenzio, infreddolito, continua a stare lì, non si interroga, è la sua missione. Il motivo per cui è stato messo lì, non l’ha scelto, lui… ma i tuoi genitori si. Solo che poi anche a loro succede la stessa cosa. Un giorno, muore uno dei due, tu non capisci il perché. Non lo accetti… e allora ti senti insicuro. Perché un pezzo di scudo si è rotto. Un pezzo di tettuccio è crollato. E’ morto. Hai solo l’altra metà di scudo a proteggerti da tutto. Ma fortuna che sei stato addestrato a camminare da solo… allora cerchi di adattarti, cerchi di ripararti con le mani da quella pioggia incessante, da quella tempesta. Tuoni e fulmini, saette e piombi d’acqua precipitano dalle nuvole, sulla tua testa. Ti difendi, cerchi di ripararti sotto l’altra metà di tettuccio. Ma quella ancor più fragile di colpo crolla. Muore anche l’altra metà. E tu però stavolta ti sei preparato… cosi la salvi, allora fai di tutto per rimetterla in sesto, sai che è l’unica cosa che può salvarti. Cosi te ne prendi cura, ci provi, passano i giorni, i mesi, gli anni. Poi arriva un giorno che quel pezzo di tettuccio non ce la fa più allora muore… Si. E tu sei li che all’inizio non te ne rendi conto. Soffri, quell’assenza. Non hai più nemmeno un qualcosa sotto cui ripararti. Cosi impazzisci, i giorni passano, non ti rendi più conto del tempo che trascorre… il giorno ti distrai: lavoro, attività, fingi persino di fare delle cose, te le inventi… ma poi arriva la notte. E lì puoi fingere quanto ti pare, ma il cuore non fa sconti a nessuno. E lì ti tocca affrontarlo… e cosi passi le notti in bianco, soffri, ti corrodi dentro, ti logori. Urli, ma per quanto ti spezzi le corde vocali a gridare, nessuno ti sente. Perché non c’è nessuno. Son tutti andati via. Passano le sere e le settimane, il mese dopo ti vorresti strappare il cuore, vorresti strapparti l’anima e inizi a fregartene di ciò che ti circonda. Inizi a tirare le somme della tua vita: ciò che hai e ciò che non hai. Pranzi e cene persino assumono un posto di secondo grado alle domande esistenziali del perché continuare a vivere… Il capire se continuare a camminare o meno diviene il tuo scopo giornaliero. E allora nemmeno il giorno ti salvi… le attività non ti riescono più a distrarti… perché ormai la domanda dentro la tua testa diventa molto chiara. La risposta non la troverai mai… ma inizi a sentirne una molto vicina alle tue esigenze, quella che pare la più semplice. Probabilmente ti porterebbe anche a stare di nuovo con loro. Ma un minimo di coscienza e lucidità ti fanno comprendere che sarebbe solo una pazzia. E allora dove la trovi la soluzione? In nulla. Muori dentro con una facilità che spaventerebbe pure te stesso. Che ormai ci hai fatto abitudine a saper di certe cose. I pianti e le urla si sprecano inutilmente, inizi a essere instabile emotivamente. Ti rendi conto di non essere arrivato per nulla… ti rendi conto che in fondo nessuno ha realmente mai fatto qualcosa per te, se non proprio stesso quel tettuccio… i tuoi genitori. Proprio loro che in silenzio e infreddoliti hanno dato la vita. Non passerà più una cosa del genere… una cosa come questa non la puoi dimenticare. Tanto amore, tanto silenzio, tanto dolore, tanto… e cosi che vivrai da ora in poi. Sarà un punto di partenza.

Ma fortunatamente questa, per te, è una storia ancora sconosciuta.